La Permacultura nasce in Australia negli anni ’70 dalle intuizioni di Bill Mollison e David Holmgren. Nonostante la peculiarità del territorio australiano, i principi della Permacultura sono talmente universali che possono essere applicati ovunque e, soprattutto, non c’è tempo migliore di quello attuale per iniziare. Anche in Italia abbiamo innumerevoli buone ragioni per mettere in pratica questo sistema, anzi, questa “filosofia di vita”, ma per ora ci limitiamo a darvene 5 che già riteniamo più che convincenti.

1. Per preservare il suolo agricolo.

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Ogni giorno in Italia vengono “consumati” 70 ettari di suolo e le cause principali sono: l’avanzata dell’urbanizzazione che contende terreno all’agricoltura e le attività agricole tradizionali che portano a fenomeni di erosione, perdita di materia organica (fertilità) e biodiversità, compattazione e salinizzazione del terreno.

La permacultura permette di creare sistemi naturali e insediamenti umani sostenibili nel tempo. Essa offre un approccio alla gestione del territorio in cui le funzioni di animali, piante, persone e della stessa terra sono riconosciute e integrate per massimizzare i risultati e realizzare ambienti umani sostenibili.

2. Per creare occupazione.

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Negli ultimi decenni sono molte le attività agricole dismesse perché non considerate più redditizie e per lo spostamento di parte della popolazione verso i maggiori centri abitati. Il risultato è che oggi, anche alla luce della crisi economica, abbiamo giovani generazioni che hanno difficoltà a trovare un impiego e un settore come quello agricolo che avrebbe un estremo bisogno di rinnovarsi e di creare nuovi modelli di vita e di consumo. La permacultura si può applicare a tutte le attività umane e finora ha dato la sua massima espressione nella realizzazione di eco-villaggi. Questa nuova forma di comunità potrebbe anche rivelarsi utile per ricreare quella aggregazione sociale che si sta perdendo e spostando sempre di più dal mondo fisico a quello virtuale.

3. Per preservare un patrimonio agroalimentare unico al mondo.
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L’Italia conta 7.300 specie vegetali commestibili e 58.000 specie animali (record europei). Negli Stati Uniti, primo produttore mondiale, le coltivazioni di grano sono solo 6…in Italia sono 140! Le monocolture stanno distruggendo il nostro suolo e la selezione delle specie “migliori” unicamente in base alla loro produttività o praticità di coltivazione/raccolta sta facendo sparire lentamente le specie autoctone, antiche e selezionate dall’uomo e dalla natura nell’arco di migliaia di anni. La permacultura trae forza dalla biodiversità e dalla tutela del terreno per migliorare questi aspetti e riceverne i maggiori benefici possibili.

4. Per invertire la tendenza al dissesto idrogeologico.

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Tutti noi abbiamo davanti agli occhi i danni causati dal dissesto idrogeologico nel nostro paese. Quante volte abbiamo visto frane, campi allagati, fiumi straripati e paesini inghiottiti dal fango? Senza contare che ogni qual volta che si presenta una forte pioggia, sui terreni coltivati a monocoltura avviene una vera e propria erosione del nostro prezioso suolo che con l’acqua si riversa in fiumi e canali fino a raggiungere il mare il più velocemente possibile. In permacultura la gestione delle risorse è fondamentale, in primis il terreno e l’acqua, ma con la minima necessità di lavori di manutenzione. Gli swale (fosse livellari) sono scavati lungo le curve di livello, permettendo l’assorbimento dell’acqua fino all’80%. In questo modo l’umidità del suolo si mantiene per lunghi periodi per essere utilizzata da piante e alberi. I benefici sono notevoli: dal risparmio dell’acqua necessaria all’irrigazione ad una progettazione del terreno agricolo più sostenibile e capace di far fronte anche a condizioni climatiche avverse.

5. Per essere più liberi.

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L’etica e i principi proposti dalla permacultura abbracciano diversi ambiti e toccano diversi aspetti della vita: la gestione della terra e delle risorse, l’autoproduzione, le energie rinnovabili, l’educazione, la salute ecc. Produrre il proprio cibo significa essere più liberi dall’acquisto di prodotti alimentari (spesso non biologici e provenienti da paesi esteri), quindi allo stesso tempo meno dipendenti dal denaro e dal lavoro salariato. Produrre la propria energia, anche se solo in parte, significa essere più liberi dal mercato energetico (costantemente soggetto a crisi) e indirettamente non contribuire a guerre per il controllo del petrolio o di altre risorse energetiche. Viviamo in un paese meraviglioso e abbiamo la possibilità di sfruttare energie rinnovabili di diversa natura molto più di altri stati, eppure continuiamo ad importare petrolio e gas dall’estro. Infine per essere liberi di scegliere un’alternativa etica di vita, di provvedere ai propri bisogni in maniera più consapevole e sostenibile e di creare le basi per un futuro in cui l’uomo e la natura sono entrambi protagonisti e non antagonisti.