Non si può parlare di agricoltura sinergica senza parlare della sua ideatrice, la spagnola Emilia Hazelip (1937 – 2003) che ha maturato e poi diffuso questo metodo ispirandosi ai principi dell’agricoltura del non fare di Masanobu Fukuoka (“La rivoluzione del filo di paglia”)  e della permacultura di Bill Mollison (“Introduzione alla permacultura”).
I principi della Permacultura che Emilia ha fatto più suoi sono certamente il vivere senza distruggere ed ottenere una produzione migliore col minimo consumo.
D’altra parte, il lavoro di Fukuoka è stato per Emilia la dimostrazione che la lavorazione della terra non è necessaria, ma si possono ottenere risultati duraturi e produzioni di qualità mantenendo in modo permanente l’auto-fertilità del suolo selvatico.

Cos’è l’agricoltura sinergica?
Si tratta di un metodo per coltivare la terra rispettoso della natura e allo stesso tempo capace di garantire raccolti ricchi e genuini. L’agricoltura sinergica incoraggia una produzione agricola che utilizzi l’auto-fertilità del suolo e i suoi principi possono essere applicati a spazi piccoli o grandi, in campagna o in città, in un clima freddo oppure caldo.

Quali sono i principi cardine?
L’approccio dell’agricoltura sinergica rispetta i seguenti 4 principi fondamentali:

  • Nessuna lavorazione del suolo.
    Assenza totale di aratura o di qualsiasi altro tipo di disturbo del suolo poiché esso si lavora da solo grazie alle radici delle piante e alla fauna e microfauna presente nel sottosuolo.
  • Nessun apporto di fertilizzanti.
    Il suolo si auto-fertilizza in continuazione grazie alle radici delle piante e alla pacciamatura, ovvero una copertura organica permanente. Le radici, in particolare, non vanno mai asportate dal terreno.
  • Nessun trattamento di sintesi.
    L’uso di sostanze chimiche di sintesi non è naturale e non è sostenibile.
  • Nessun compattamento del suolo.
    Il suolo si area da solo se noi evitiamo di provocarne il compattamento.

L’agricoltura sinergica in pratica.
Innanzitutto è necessario preparare il terreno. Questa fase non è scontata e la modalità e il tempo varia a seconda della condizione di partenza (es. campo precedentemente occupato da agricoltura biologica, campo arato e trattato con prodotti chimici, ecc.).
A prescindere dal tipo di terra che caratterizza il suolo, bisogna accertarsi che non vi sia una soletta di lavorazione, ovvero uno strato di accumulo dei sali nel suolo dovuto alle ripetute arature che il campo ha subito. Per determinarne la presenza scaviamo una buca profonda 50 cm e se vediamo una linea orizzontale di colore diverso rispetto al resto del terreno, sapremo che lì vi è la suola di lavorazione. In questo caso sarà necessario uno scasso con un ripuntatore (ripper) o manualmente con una vanga-forca per spezzare questa linea di accumulo di sali.
In secondo luogo sarebbe bene predisporre una siepe tagliavento che sarà anche un ottimo rifugio per insetti benefici e predatori di parassiti, per il letargo dei ricci e per i nidi degli uccelli.

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Il passaggio successivo è la preparazione dei bancali, le aiuole rialzate su cui si effettua la coltivazione degli ortaggi. La forma dei bancali può essere rettilinea, curva o a mandala e la loro funzione è di delimitare i passaggi destinati al movimento di uomini e mezzi in modo da evitare il compattamento del terreno coltivato. La larghezza consigliata per i bancali è di 120 cm, mentre per la lunghezza non ci sono limiti. È consigliabile ricavare dei passaggi larghi circa 80 cm almeno ogni 4-5 metri. L’altezza, invece, può raggiungere un massimo di 30-40 cm, perché altezze maggiori riducono la superficie piana coltivabile. I bancali si creano con la stessa terra del posto in cui si costruisce l’orto e su di essi va installato un sistema di irrigazione “a goccia”.

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Laddove la terra è buona, non è necessario incorporare compost durante la realizzazione dei bancali, ma se ne abbiamo in abbondanza possiamo mescolarlo superficialmente al terreno. I bancali presentano due superfici di coltivazione differenti:

  • La zona centrale con una profondità maggiore del suolo;
  • I lati, con un’altezza che varia da 15 a 40 cm.

Quando i bancali sono pronti e prima di seminare, vanno fissati dei “tutori permanenti”, ovvero degli archi che si incrociano al di sopra dei bancali. I tutori possono essere dei tondini di ferro a uso edile o delle canne di bambù e serviranno da guida alle piante rampicanti.

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Nello stesso bancale andranno piantate almeno 3 famiglie di ortaggi differenti per sfruttare al meglio l’azione sinergica delle piante. Generalmente i lati vengono utilizzati come zone di semina complementari alle colture principali che trovano spazio sulla superficie centrale. Le piante coltivate nei lati saranno a portamento eretto (verticale) e appartenenti alla famiglia delle liliacee come per esempio aglio, cipolla, porro, scalogno, ecc. questo tipo di piante diffonde sostanze fungicide, antibatteriche e repellenti per gli insetti, proteggendo così le altre verdure. Alle liliacee mescoliamo anche qualche pianta a crescita rapida come lattuga e cicoria, lasciando la parte delle radici nel terreno.
Ai bordi, tra la superficie centrale e i lati, semineremo invece una fila di legumi, piselli o fagioli, a seconda della stagione. È importante avere cura di tenere sempre i lati ben coperti di pacciamatura che tende a scivolare nei passaggi. La parte centrale delle aiuole, oltre alle già citate leguminose, conterrà le altre famiglie di ortaggi: crocifere, solanacee, cucurbitacee, ombrellifere, labiate, rosacee, composite, ecc.

Perché la pacciamatura?
Elemento importantissimo e immancabile nell’agricoltura sinergica è la pacciamatura che protegge il suolo dal compattamento e dall’azione eccessiva di sole, pioggia e vento. Inoltre facilita lo sviluppo di microflora e microfauna, in particolare dei lombrichi. La pacciamatura agisce come un “tampone termico”, proteggendo il suolo sia nei mesi più caldi, sia durante la stagione fredda. Ovviamente deve essere realizzata con materiali biodegradabili e a seconda delle esigenze: paglia, sfalci dei prati, canne, foglie, segatura non trattata, carta, ecc.

Qual è il fine ultimo dell’agricoltura sinergica?
Oggi dipendiamo dall’agricoltura per nutrire una popolazione umana in continua crescita. Tuttavia la nostra agricoltura ha bisogno di prendere in considerazione la vita del suolo e l’ecologia della Terra. L’obiettivo di Emilia Hazelip era quello di replicare in agricoltura le condizioni dei suoli che in natura producono risultati tanto perfetti e allo stesso tempo costruire un futuro dove il rispetto della vita si attua attraverso la nostra integrazione sinergico-ecologica.

“Non siamo obbligati a consumare passivamente. Possiamo agire, possiamo auto-produrre un po’ di cibo per poterne comprare di meno, possiamo cominciare con un giardino, un terrazzo, uno spazio verde sistemato a “paesaggio commestibile””.
– Emilia Hazelip

Come si impara a fare l’orto sinergico?
Alla Fattoria dell’Autosufficienza ogni anno organizziamo, in collaborazione con La libera Scuola di Agricoltura Sinergica, un corso intensivo di 5 giorni dove si intervallano parti pratiche a parti teoriche.
Per maggiori info
https://autosufficienza.it/corso-intensivo-di-orto-sinergico/

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